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09/04/2024

La sostenibilità in Europa: Green Deal, NGEU e CEAP

Il Green Deal europeo rappresenta il pacchetto di iniziative strategiche, promosso dalla Commissione Europea nel dicembre 2019, con il quale l’UE ha sancito l’impegno a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 percento entro il 2030 (pacchetto "Pronti per il 55%) rispetto ai livelli del 1990 e ad azzerare le proprie emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 (c.d. neutralità climatica).

Si tratta di un obiettivo giuridicamente vincolante, basato su una valutazione d'impatto effettuata dalla Commissione, che il 14 luglio 2021 ha presentato varie proposte tese a raggiungere questi obiettivi e a concretizzare il Green Deal.

La Commissione Europea (CE) ha destinato agli investimenti verdi una quota pari al 30 percento del bilancio pluriennale dell’UE (2021-2027) e dello strumento unico NextGenerationEU (NGEU) e ha previsto che almeno il 30 percento degli investimenti del fondo InvestEU contribuisca agli obiettivi europei in materia di clima e che il 30 percento dei fondi nell’ambito di NGEU siano raccolti attraverso l’emissione di obbligazioni verdi.

I Paesi membri dell’UE sono a loro volta chiamati a destinare almeno il 37 percento dei finanziamenti ricevuti nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery and Resilience Facility - RRF), la principale componente del programma NGEU, a investimenti e riforme che sostengano gli obiettivi in materia di clima. Il regolamento che istituisce il RRF prevede inoltre che nessuna misura presente nei Recovery plan nazionali porti un danno significativo agli obiettivi ambientali - ai sensi dell’articolo 17 del regolamento sulla Tassonomia - e che ogni riforma e investimento sia conforme al principio “do no significant harm” (DNSH).

Per consultare la Guida operativa per il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all’ambiente, adottata con la circolare n. 32 del 30 dicembre 2021 del Ragioniere Generale dello Stato, clicca qui

Nel conseguimento della neutralità climatica entro il 2050 e della dissociazione della crescita economica dall’uso delle risorse, garantendo al contempo la competitività a lungo termine dell'UE senza lasciare indietro nessuno, è centrale l’adozione di un modello di economia circolare che coniughi i bisogni economici con quelli ambientali e sociali.

La trasformazione del paradigma economico, da lineare a circolare, è stata formalizzata per la prima volta nel 2015, con l’introduzione del Piano d’azione per l’economia circolare “Closing the loop – An EU action plan for the Circular economy”, disegnato coinvolgendo tutti gli stakeholder, inclusi i diversi livelli di governo, le imprese e i cittadini.

A marzo 2020, la strategia europea sull’economia circolare è stata integrata dal “New Circular Economy Action Plan”, un nuovo piano europeo per l’economia circolare, adottato come parte integrante del Green Deal, che mira a ridurre ulteriormente l’impronta dei consumi UE e raddoppiare la percentuale di utilizzo dei materiali circolari nell'UE entro il 2030.

A differenza di quello risalente al 2015 che insiste principalmente sulla riciclabilità dei prodotti, il nuovo piano si concentra soprattutto sulla prevenzione della creazione di rifiuti, al fine di favorire un contesto in cui i prodotti, i servizi e i modelli imprenditoriali sostenibili costituiscono la norma e non l’eccezione. 

Per consultare il New Circular Economy Action Planclicca qui

Alla COP15 di Copenaghen è stato stabilito che i Paesi con l’obbligo di fornire sostegno finanziario avrebbero dovuto stanziare 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 di finanziamenti per il clima nei Paesi in via di sviluppo nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’obiettivo è stato poi esteso fino al 2025, anno in cui entrerà in vigore il nuovo obiettivo.

Secondo le stime dell’OCSE contenute nel rapporto intitolato “Climate Finance Provided and Mobilised by Developed Countries in 2013-2021” l’obiettivo dei 100 miliardi è già stato raggiunto a partire dal 2022.

Nel 2021, il totale dei finanziamenti per il clima forniti e mobilitati dai Paesi sviluppati a favore dei Paesi in via di sviluppo ammonta a 89,6 miliardi di dollari, con un significativo aumento del 7,6% rispetto all'anno precedente.

Entro il 2025, si stima che i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di circa 1.000 miliardi di dollari all'anno per gli investimenti climatici, che saliranno a circa 2.400 miliardi di dollari all'anno tra il 2026 e il 2030.

Data ultimo aggiornamento 9 aprile 2024

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